Accessibile il filmato di videosorveglianza

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Giancarlo Favero
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Accessibile il filmato di videosorveglianza

Messaggio da Giancarlo Favero »

Buongiorno, Vi segnalo questa interessante sentenza del TAR Marche.
Grazie e buona lettura,

Giancarlo Favero

Va accolta l’istanza di accesso al filmato di videosorveglianza anche se l’Ente, in sede regolamentare lo abbia escluso. Il filmato va, a tutti gli effetti, considerato un documento amministrativo. Lo ha chiarito il TAR Marche (Sez. II), sentenza del 4 settembre 2023, n. 538.

La vicenda
Nel caso esaminato il ricorrente aveva chiesto l’annullamento dell’atto con il quale un Comune aveva negato l’accesso al filmato di videosorveglianza su una strada comunale, giustificato dal fatto di essere stato coinvolto in un incidente, nel quale aveva riportato lesioni.
La Polizia Locale ricostruiva l’accaduto, in assenza di testimoni oculari, anche sulla base del “file video di videosorveglianza allegato al fascicolo di sinistro su supporto multimediale utile alla ricostruzione della dinamica”.
Sulla base di questi elementi istruttori la Polizia Locale concludeva che “…a carico del conducente del veicolo A…….. emergeva la violazione della norma contenuta nell’articolo 154 commi 3, lett. C) e 8, del vigente CdS (omessa precedenza nella manovra di immissione nel flusso della circolazione). Nulla a carico della conducente B”.
Il ricorrente presentava un’istanza di accesso agli atti ex artt. 22 ss. l. 241 del 1990 al Comune per ottenere copia del “video acquisito” dagli ufficiali di Polizia Locale attraverso le apparecchiature pubbliche di videosorveglianza, citato dalla predetta “Relazione”, recante la riproduzione video del sinistro, nonché di ogni altro atto o documento comunque denominato, ancorché non conosciuto, inerente al sinistro.
La richiesta era stata rigettata sulla base del parere espresso dal Data Protection Officer dell’Ente. Inoltre, secondo il "Regolamento Comunale per la Videosorveglianza", le finalità della videosorveglianza sarebbero solo quelle di sicurezza urbana e del controllo dei luoghi ove avviene l’illegittimo deposito di rifiuti.
Ancora, sempre in base al medesimo Regolamento: “per le altre immagini o filmati degli apparati di videosorveglianza acquisiti dalla Polizia Municipale ed utilizzati dalla stessa o da altre forze di polizia per ragioni di sicurezza urbana ricollegabili a finalità giudiziarie, l’interessato potrà aver diritto all’estrazione di dati che lo riguardano, se non ancora cancellati, solo su espressa autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria competente”.

Il giudizio espresso dai giudici
I giudici hanno puntualizzato che per condivisibile giurisprudenza, le immagini registrate e conservate in sistemi di videosorveglianza urbana rientrano nella nozione di documento amministrativo ai fini del diritto di accesso, considerata l’ampia dizione di cui all’art. 22 comma 1, lett. d), della l. n. 241/1990 e considerato anche si tratta di immagini già esistenti, registrate dal comune nell’esercizio di una attività di pubblico interesse.
Nel caso specifico non risultava né dal diniego impugnato, né dalle difese comunali che le immagini stesse non fossero più in possesso dell’Ente.
La nozione normativa di documento amministrativo, suscettibile di formare oggetto di istanza di accesso documentale, è, infatti “ampia e può riguardare ogni documento detenuto dalla pubblica amministrazione o da un soggetto, anche privato, alla stessa equiparato ai fini della specifica normativa dell’accesso agli atti, e formato non solo da una pubblica amministrazione, ma anche da soggetti privati, purché lo stesso concerna un’attività di pubblico interesse o sia utilizzato o sia detenuto o risulti significativamente collegato con lo svolgimento dell’attività amministrativa, nel perseguimento di finalità di interesse generale” (Cons. di Stato. Ad. Plen. n. 19/2020).
A parere dei giudici, non ostava all’accesso il parere del Data Protection Officer e il Regolamento Comunale per la Videosorveglianza. In primo luogo non era chiaro quale sarebbe stata la “competente autorità giudiziaria” che avrebbe dovuto autorizzare l’accesso a dati detenuti del Comune.
In ogni caso, i giudici hanno rammentato che, con riguardo al Regolamento e al parere sopra menzionato, la fonte del diritto di accesso è la legge dello Stato (art. 22 ss. l. n. 241/90 e artt. 59 e 60 del d.lgs. n. 196/2003) da ritenersi prevalente sulla disciplina del regolamento locale.
Il diritto di accesso agli atti costituisce, invero, “principio generale dell’attività amministrativa” ed attiene ai “livelli essenziali” delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, “di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione”, come disposto dall’art. 29, comma 2-bis, della legge n. 241/90 (TAR Puglia, Lecce, sent. n. 1579 del 2021, citata dal ricorrente).
È stato puntualizzato dai giudici che l’art. 24, comma 7, della legge n. 241/1990 enuclea un’autonoma funzione del diritto di accesso, quella “difensiva” che può addirittura operare quale eccezione al catalogo di esclusioni previste per l’accesso partecipativo, salvi gli opportuni temperamenti in sede di bilanciamento in concreto dei contrapposti interessi, e, in particolare, di quello alla riservatezza, secondo i criteri indicati dalla medesima norma.
Come di recente chiarito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 19/2020, l’accesso “difensivo” è infatti costruito come “una fattispecie ostensiva autonoma, caratterizzata (dal lato attivo) da una vis espansiva capace di superare le ordinarie preclusioni che si frappongono alla conoscenza degli atti amministrativi; e connotata (sul piano degli oneri) da una stringente limitazione, ossia quella di dovere dimostrare la “necessità” della conoscenza dell’atto o la sua “stretta indispensabilità”, nei casi in cui l’accesso riguardi dati sensibili o giudiziari”; inoltre, nel caso dei c.d. dati supersensibili l’accesso difensivo è subordinato anche al criterio della “parità di rango”.
Nel caso di accesso “difensivo”, la conoscenza dell’atto non è destinata a consentire al privato di partecipare all’esercizio del pubblico potere in senso “civilmente” più responsabile, ossia per contribuire a rendere l’esercizio del potere condiviso, trasparente e imparziale, ma rappresenta il tramite per la cura e la difesa dei propri interessi giuridici. L’art. 24, comma 7, della legge n. 241/1990, invero, assicura “comunque” l’accesso se necessario per la tutela dei propri “interessi giuridici”, “senza limitare tale presidio di garanzia ai casi di liti tra il privato e la pubblica amministrazione o tra i privati nei casi in cui si fa questione dell’illegittimo esercizio del potere” e ciò “entro gli stringenti limiti in cui la parte interessata all’ostensione dimostri la necessità (o la stretta indispensabilità per i dati sensibili e giudiziari), la corrispondenza e il collegamento tra la situazione che si assume protetta ed il documento di cui si invoca la conoscenza” (TAR Campania 253/2023 cit.).
Il ricorrente aveva argomentato, nell’istanza e nel ricorso, sull’interesse ad ottenere l’ostensione dei documenti richiesti.
In conclusione, secondo i giudici, tenuto conto di quanto sopra, la richiesta di accesso in esame andava accolta con le cautele necessarie a tutelare il contrapposto diritto alla riservatezza altrui, considerato che dalle immagini acquisite tramite il sistema di videosorveglianza avrebbero potuto venire in rilievo anche dati sensibili e comunque dati di soggetti “terzi”, estranei alla vicenda in questione. In particolare, alla luce dei criteri citati e in ossequio al principio di proporzionalità e di minimizzazione, l’accesso richiesto andava consentito limitatamente alle specifiche immagini da cui si evinceva la dinamica del sinistro che aveva riguardato il ricorrente strettamente indispensabili con oscuramento delle parti di immagini che ritraevano persone e di quelle che contenevano ulteriori dati afferenti a soggetti estranei alla vicenda.


Fonte: Maggioli

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