Diritto d'accesso: l'ordine di esibizione di documenti non si soddisfa con la mera visione, negando l'estrazione di copi

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Diritto d'accesso: l'ordine di esibizione di documenti non si soddisfa con la mera visione, negando l'estrazione di copi

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Il TAR di Catania (con sentenza n. 01424/2020 Reg.Prov.Coll. - n. 00185/2020 Reg.Ric.), ha accolto un ricorso per ottemperanza, presentato contro la Prefettura di Messina per il rilascio della documentazione relativa allo scioglimento per infiltrazioni mafiose di un Comune. La Prefettura aveva inteso dare esecuzione ad una precedente sentenza che ordinava l'esibizione di alcuni documenti, con la mera visione negando la possibilità di estrarne copia. Con la decisione della Prefettura, il ricorrente avrebbe avuto conoscenza dei documenti ma non poteva esibirli in un procedimento per incandidabilità. Per i giudici amministrativi di Catania, nell'ordine di esibizione è insito quello di consentire l'estrazione di copia.
Il TAR di Catania (con sentenza n. 01424/2020 Reg.Prov.Coll. - n. 00185/2020 Reg.Ric.) ha sancito che l’accesso e l’esibizione di atti non è soddisfatto dalla mera visione della documentazione, ma comporta la possibilità di estrarne copia.
Lo stesso Tar di Catania aveva accolto un precedente ricorso del ricorrente contro il rifiuto della Prefettura di Messina di consentire l’accesso ad una serie di provvedimenti che avevano portato allo scioglimento per infiltrazioni mafiose di un Comune ed al procedimento di incandidabilità del ricorrente (vedi “La Gazzetta degli Enti Locali - Speciale Sicilia” del 5 novembre 2019).
La Prefettura di Messina aveva comunicato di potere assicurare la mera visione dei predetti atti, così come disposto dalla sentenza del TAR, ma poteva rilasciarne copia.
La decisione prefettizia di negare l’estrazione di copia è stata oggetto di ricorso per l’ottemperanza alla precedente sentenza.
Secondo la Prefettura la puntuale esecuzione della sentenza del T.A.R. consisteva nel consentire la visione degli atti, visto che il dispositivo del provvedimento ordinava la sola “esibizione” della documentazione.
La prima sentenza T.A.R. di Catania statuiva l’accoglimento del ricorso, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati e riconoscimento del “diritto del ricorrente all’ostensione dei provvedimenti oggetto dell’istanza” che non erano ancora stati esibiti.
La sentenza, in effetti, nel dispositivo, ordina all’Amministrazione resistente l’esibizione al ricorrente dei documenti elencati in parte motiva, entro il termine di giorni trenta decorrente dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza.
L’esibizione, nel linguaggio corrente, effettivamente significa mostrare alla vista e, quindi, consentire la visione.
Il Tar, nel giudizio di ottemperanza, evidenzia, però, che il termine “esibizione”, utilizzato nel codice di rito amministrativo, non può essere letto isolatamente, prescindendo dalla disciplina sostanziale in materia di diritto di accesso.
In particolare, ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. a), della legge 7 agosto 1990, n. 241, per “diritto di accesso” si intende – questa è la definizione introdotta dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15 – “il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi”.
La formula normativa rende evidente come il diritto di accesso non può essere limitato alla sola visione degli atti, dovendosi ritenere visione ed estrazione di copia “modalità congiunte” (e non alternative) dell’esercizio del diritto in questione (come reso palese dall’utilizzo della congiunzione copulativa “e”).
La giurisprudenza ha osservato che la normativa di cui alla 11 febbraio 2005, n. 15, modificativa in parte qua della legge 7 agosto 1990, n. 241, comporta che debba ricomprendersi nel diritto di accesso sia la visione che il rilascio di copia del documento, atteso che l’abrogazione della disposizione dettata dall’art. 24, comma 2, lett. d), nella formulazione originaria della legge 7 agosto 1990, n. 241 fa ritenere superata ogni possibilità di distinguere tra le due indicate modalità di accesso (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 19 ottobre 2009, n. 6393).
Per i giudici amministrativi non ha una giusta motivazione giuridica la distinzione operata dalla Prefettura di Messina tra visione ed estrazione di copia, anche in considerazione del fatto che il richiedente avrebbe, comunque, conoscenza del documento ma non potrebbe utilizzarlo ad un uso giuridico (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 14 novembre 2003, n. 7296; Cons. Stato, sez. IV, 26 ottobre 1999, n. 1627).
Più di recente la giurisprudenza ha ribadito il principio di diritto in base al quale il diritto di accesso, ove ritenuto sussistente, deve obbligatoriamente ricomprendere sia la visione sia il rilascio di copie (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 7 giugno 2019, n. 3097), ed anzi, è stato ritenuto che l’estrazione di copia costituisce la facoltà nella quale “si sostanzia maggiormente il diritto d’accesso” (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. III bis, 19 giugno 2018, n. 6849).
Del resto, l’art. 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, pur escludendo dal diritto di accesso i documenti coperti da classifica di segretezza o di vietata divulgazione (comma 1, lett. a)), prevede che debba essere comunque garantito l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici (comma 7) - cfr. Cons. Stato, sez. I, 1 luglio 2014, n. 2226 – e, come prima evidenziato, per diritto di accesso si intende ex art. 22, comma 1, lett. a), della legge 7 agosto 1990, n. 241 il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi.
La più volte citata sentenza T.A.R. Sicilia, Catania, ha riconosciuto in favore del ricorrente il diritto di accesso ai documenti necessari per la difesa in giudizio (essendo stata promossa un’azione per la incandidabilità) e gli atti in questione sono stati richiesti al fine di garantire allo stesso la possibilità di provare la sua estraneità e di esercitare effettivamente il proprio diritto di difesa.
La Prefettura potrà procedere all’oscuramento di quelle parti dei documenti irrelate rispetto alle esigenze di cura e di difesa degli interessi giuridici del ricorrente (limitazione già presente nella prima sentenza).

Pubblicato il 16/06/2020
N. 01424/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00185/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 185 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Gianpiero D'Alia, con domicilio fisico eletto presso il suo studio in Messina, Via XXIV Maggio n. 61 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno e Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Messina, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, presso i cui uffici domiciliano in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
nei confronti
Comune di Mistretta, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
-OMISSIS-, non costituito in giudizio;
per l’esecuzione
integrale della sentenza del T.A.R. Sicilia, Catania, sez.-OMISSIS-

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Messina;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 112 e ss. cod. proc. amm.;
Visto l’art. 84 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27;
Visto l’art. 4 del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28;
Vista la nota del Presidente del Consiglio di Stato prot. int. 1454 del 19 marzo 2020;
Vista la nota del Presidente del Consiglio di Stato prot. n. 7400 del 20 aprile 2020;
Visto il decreto del Presidente del T.A.R. per la Sicilia, sezione staccata di Catania, n. 22 del 23 marzo 2020;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2020 il dott. Giovanni Giuseppe Antonio Dato e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 84, comma 5, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1. Il ricorrente espone di aver chiesto al Ministro dell’Interno, al Dipartimento degli Affari Interni e Territoriali del Ministero dell’Interno e al Prefetto di Messina di prendere visione e estrarre copia di tutti gli atti e documenti relativi al procedimento in questione e, in particolare, del Decreto del Prefetto di Messina -OMISSIS-, e successivo provvedimento di proroga, con il quale è stato disposto l’accesso al Comune di Mistretta, ai sensi dell’art. 143, comma 2, del D.Lgs. n. 267/2000, della Relazione della Commissione prefettizia incaricata delle verifiche ispettive autorizzate con il predetto provvedimento prefettizio, del Verbale della seduta del -OMISSIS- del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, della Relazione del Prefetto di Messina al Ministro dell’Interno, delle Risultanze investigative della indagine giudiziaria denominata “-OMISSIS-”, condotta dalla locale Procura della Repubblica e dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Messina, ivi compresa l’ordinanza di -OMISSIS-emessa dal Giudice delle indagini preliminari di Messina, richiamate nella relazione ministeriale, della Delega del -OMISSIS- del Ministro dell’Interno in forza della quale si è insediata la -OMISSIS-presso il Comune di Mistretta, della Deliberazione del Consiglio dei Ministri del -OMISSIS-e del telegramma del Dipartimento Affari Interni e Territoriali – Uff. V – Affari Territoriali del -OMISSIS-con cui è stato disposto e comunicato -OMISSIS-, affidandone la gestione a una Commissione Straordinaria per un periodo di diciotto mesi.
Il ricorrente rappresenta che con sentenza T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, -OMISSIS-è stato accolto il ricorso, proposto dal medesimo deducente, avverso i provvedimenti di rigetto dell’istanza di accesso agli atti del procedimento di -OMISSIS-del Comune di Mistretta e che la stessa sentenza è divenuta inoppugnabile.
Ha osservato la parte ricorrente che la Prefettura di Messina, con nota, indirizzata al difensore, prot. n. -OMISSIS-ha comunicato che “assicurerà la mera visione dei predetti atti, così come disposto dalla citata sentenza”.
Il ricorrente ha rappresentato di aver manifestato, con nota del -OMISSIS-, la disponibilità a prendere visione degli atti richiesti contestando però la decisione prefettizia di non consentirgli di estrarre copia così come deciso dal Giudice amministrativo (l’esponente ha riportato alle pagg. 3-4 dell’atto introduttivo del giudizio ampi stralci della nota in questione).
L’esponente ha rappresentato, dunque, a seguito della presa visione degli atti del procedimento nei giorni -OMISSIS-chiesto il rilascio di copia conforme degli atti del procedimento relativo allo -OMISSIS-del Comune di Mistretta riportati alle pagg. 4-5 dell’atto introduttivo del giudizio.
L’esponente lamenta che la Prefettura di Messina non ha dato alcun riscontro alle richieste dallo stesso avanzate in ordine alla integrale esecuzione della sentenza in questione e che tale condotta configura l’inottemperanza parziale o, comunque, la elusione del giudicato formatosi a seguito del passaggio in giudicato della sentenza T.A.R. Sicilia, Catania, sez. -OMISSIS-.
Con ricorso spedito per la notifica in data -OMISSIS-la parte ricorrente ha proposto la domanda in epigrafe.
1.1. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'Interno e l’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Messina, contrastando le domande avanzate dalla parte ricorrente.
Non si sono costituiti in giudizio il Comune di Mistretta e -OMISSIS-.
1.2. Alla camera di consiglio del 14 maggio 2020, come da verbale, ai sensi dell’art. 84, comma 5, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. In sintesi, parte ricorrente dopo aver ribadito l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, -OMISSIS-ha lamentato che della stessa sentenza l’Amministrazione ha inteso dare parziale esecuzione, fornendo una interpretazione distorta e comunque errata delle statuizioni ivi contenute, perché non ha consentito di estrarre copia degli atti richiesti.
Afferma il ricorrente che il contenuto della sentenza è evidente, avendo la stessa accolto il ricorso proposto dallo stesso esponente e riconosciuto il suo diritto non solo a prendere visione ma anche ad estrarre copia degli atti richiesti con l’istanza del -OMISSIS-
Tale richiesta, ha affermato l’esponente, è stata ulteriormente precisata nella -OMISSIS-, con la quale si è circoscritta la richiesta di copia conforme ai soli atti del procedimento ritenuti indispensabili alla difesa in giudizio, anche in considerazione del fatto che l’Amministrazione non li ha prodotti nel procedimento pendente presso il Tribunale di -OMISSIS-(giudizio per la declaratoria di incandidabilità del ricorrente promosso dal Ministero dell’Interno ai sensi dell’art. 143 del D.Lgs. n. 267/2000).
Il ricorrente ha quindi chiesto di ordinare all’Amministrazione di dare integrale esecuzione alla sentenza in epigrafe con rilascio di copia conforme degli atti richiesti, da ultimo con -OMISSIS-, entro il termine di giorni quindici, nominando fin da ora un commissario ad acta che intervenga in sostituzione dell’Amministrazione alla scadenza del predetto termine.
2. La difesa erariale – con memoria depositata in data 24 marzo 2020 - ha osservato che, a seguito della pronuncia della richiamata sentenza, con nota n. -OMISSIS- il Ministero ha chiesto alla Prefettura di ottemperare al dictum, assicurando -OMISSIS-«la sola esibizione della documentazione di che trattasi, nei termini prescritti nella citata sentenza e con le cautele previste dalla normativa vigente, trattandosi di atti classificati “RISERVATO”»; conseguentemente, con nota n. -OMISSIS- la Prefettura U.T.G. di Messina ha invitato l’interessato a prendere visione degli atti classificati “riservato” indicati in sentenza.
La difesa erariale ha quindi argomentato che l’Amministrazione ha dato puntuale esecuzione alla sentenza n.-OMISSIS-del T.A.R. per la Sicilia, che ha ordinato la sola «esibizione» della documentazione in parola, del resto in linea con il disposto dell’art. 42, comma 8, della legge 3 agosto 2007, n. 124, ai sensi del quale gli atti classificati per i quali non sia apposto il segreto di Stato possono essere esibiti su ordine dell’Autorità Giudiziaria «che ne cura la conservazione con modalità che ne tutelino la riservatezza, garantendo il diritto delle parti nel procedimento a prenderne visione senza estrarne copia».
3. Con replica depositata in data 7 aprile 2020 il ricorrente ha contrastato le argomentazioni della difesa erariale e ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
4. Il ricorso è fondato nei termini in appresso specificati.
4.1. Occorre premettere che, come più volte ribadito dalla giurisprudenza e condiviso dal Collegio, l'oggetto del giudizio di ottemperanza è rappresentato dalla puntuale verifica da parte del giudice dell'esatto adempimento da parte dell'Amministrazione dell'obbligo di conformarsi al giudicato per far conseguire concretamente all'interessato l'utilità o il bene della vita già riconosciutogli in sede di cognizione e che detta verifica - che deve essere condotta nell'ambito dello stesso quadro processuale che ha costituito il substrato fattuale e giuridico della sentenza di cui si chiede l'esecuzione - comporta da parte del giudice dell'ottemperanza un'attenta attività di interpretazione del giudicato, al fine di enucleare e precisare il contenuto del relativo comando; attività, questa, da compiersi esclusivamente sulla base della sequenza “petitum - causa petendi - motivi – decisum” (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. V, 22 giugno 2018, n. 3882; Cons. Stato, sez. III, 11 giugno 2018, n. 3511; T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 18 aprile 2019, n. 574).
Sul punto, poi, va osservato che secondo la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 6 aprile 2017, n. 1, il proprium del giudizio di ottemperanza si risolve nell’interpretazione della sentenza ottemperanda, scomponendosi, invero, la decisione da assumere in tale sede in una triplice operazione logica:
- di interpretazione del giudicato al fine di individuare il comportamento doveroso per l’Amministrazione in sede di esecuzione;
- di accertamento del comportamento in effetti tenuto dalla medesima Amministrazione;
- di valutazione della conformità del comportamento tenuto dall’Amministrazione rispetto a quello imposto dal giudicato.
4.2. Giova osservare che la sentenza T.A.R. Sicilia, Catania, sez. -OMISSIS-, al punto 4 in “Diritto”, racchiude la statuizione di accoglimento del ricorso, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati e riconoscimento del “diritto del ricorrente all’ostensione dei provvedimenti oggetto dell’istanza sinora non esibiti, con condanna dell’amministrazione alla ostensione degli stessi, ai sensi dell’art. 116, comma 4, cod. proc. amm.”; nel dispositivo, poi, la richiamata sentenza contiene la seguente statuizione: “[…] ordina all’Amministrazione resistente l’esibizione al ricorrente dei documenti elencati in parte motiva, entro il termine di giorni trenta decorrente dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza […]”.
Ciò premesso, il termine “esibizione” identifica nel linguaggio corrente l’atto di “presentare”, “sottoporre alla vista ovvero all’attenzione altrui”; il termine “ostensione” identifica l'atto di “mostrare”, “esporre alla vista”.
Calato nel linguaggio giuridico, il termine “esibizione” (da riferirsi ai documenti), racchiuso nell’art. 116, comma 4, cod. proc. amm., sembrerebbe perciò escludere la facoltà di estrazione di copia dei documenti “esibiti” dall’Amministrazione, implicando l’esibizione la mera visione degli stessi da parte dell’accedente (e la stessa conclusione dovrebbe essere ribadita quanto al termine “ostensione”).
Tuttavia, il termine “esibizione”, utilizzato nel codice di rito amministrativo al sopra ricordato art. 116, comma 4, a proposito dell’actio ad exhibendum, e replicato nel dispositivo della sentenza T.A.R. Sicilia, Catania, sez. -OMISSIS-, non può essere letto isolatamente, prescindendo dalla disciplina sostanziale in materia di diritto di accesso, svolgendo la normativa processuale una funzione strumentale e servente alla tutela piena ed effettiva (cfr. art. 1 cod. proc. amm.) delle situazioni giuridiche soggettive.
In particolare, ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. a), della legge 7 agosto 1990, n. 241, per “diritto di accesso” si intende – questa è la definizione introdotta dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15 – “il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi”.
La formula normativa rende evidente come il diritto di accesso non può essere limitato alla sola visione degli atti, dovendosi ritenere visione ed estrazione di copia “modalità congiunte” (e non alternative) dell’esercizio del diritto in questione (come reso palese dall’utilizzo della congiunzione copulativa “e”).
Va aggiunto che, nel modificare la legge 7 agosto 1990, n. 241, il legislatore del 2005 ha eliminato la previsione (art. 24, comma 2, lett. d)) che autorizzava il Governo ad emanare uno o più decreti intesi a disciplinare le modalità di esercizio del diritto di accesso e gli altri casi di esclusione del diritto di accesso in relazione alla esigenza di salvaguardare “[…] la riservatezza di terzi, persone, gruppi ed imprese, garantendo peraltro agli interessati la visione degli atti relativi ai procedimenti amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro interessi giuridici […]”.
La giurisprudenza ha osservato che la normativa di cui alla 11 febbraio 2005, n. 15, modificativa in parte qua della legge 7 agosto 1990, n. 241, comporta che debba ricomprendersi nel diritto di accesso sia la visione che il rilascio di copia del documento, atteso che l’abrogazione della disposizione dettata dall’art. 24, comma 2, lett. d), nella formulazione originaria della legge 7 agosto 1990, n. 241 fa ritenere superata ogni possibilità di distinguere tra le due indicate modalità di accesso (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 19 ottobre 2009, n. 6393).
Peraltro, ben prima della richiamata novella il legislatore, all’art. 25, comma 1, della stessa legge 7 agosto 1990, n. 241, aveva stabilito che "il diritto di accesso si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi, nei modi e con i limiti indicati dalla presente legge", e la giurisprudenza aveva interpretato la richiamata previsione normativa nel senso che il diritto di accedere agli atti amministrativi non può consistere nella mera presa visione (c.d. accesso tenue o attenuato) con esclusione di estrazione di copia del documento (c.d. accesso forte o totale).
Invero, il preteso scorporo della facoltà di esame del documento da quello di estrazione non sarebbe idoneo a tutelare nessuno dei confliggenti interessi in gioco: non quello - alla riservatezza - dei terzi, giacché il richiedente avrebbe, comunque, conoscenza del documento; non quello - alla difesa - del richiedente che, in mancanza della copia del documento, non potrebbe finalizzarne l'accesso ad un uso giuridico (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 14 novembre 2003, n. 7296; Cons. Stato, sez. IV, 26 ottobre 1999, n. 1627).
Più di recente la giurisprudenza ha ribadito il principio di diritto in base al quale il diritto di accesso, ove ritenuto sussistente, deve obbligatoriamente ricomprendere sia la visione sia il rilascio di copie (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 7 giugno 2019, n. 3097), ed anzi, è stato ritenuto che l’estrazione di copia costituisce la facoltà nella quale “si sostanzia maggiormente il diritto d’accesso” (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. III bis, 19 giugno 2018, n. 6849).
5. Tutto ciò premesso sul piano normativo e giurisprudenziale, occorre osservare che in nessun punto della sentenza T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, -OMISSIS-il riconosciuto diritto di accesso del ricorrente è stato limitato, quanto alle concrete modalità attuative, alla mera “presa visione” dei documenti.
Ben conosce il Collegio l’orientamento giurisprudenziale in base al quale la sussistenza di specifiche ragioni può condurre alla limitazione dell’accesso alla forma – ritenuta meno “invasiva” – della mera presa visione: si pensi al riconoscimento del diritto del militare ad ottenere accesso alle tabelle ordinative/organiche ex art. 1048, comma 1, lett. r), del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90, nei limiti, appunto, della sola visione senza il rilascio di copie (cfr. Cons. Stato sez. IV, 26 agosto 2015, n. 3991).
Tuttavia, con specifico riguardo al caso in esame, va evidenziato che al punto 1 in “Diritto” la sentenza T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, -OMISSIS-ha espressamente richiamato quanto rappresentato dall’esponente, id est di aver chiesto al Ministro dell’Interno, al Dipartimento degli Affari Interni e Territoriali del Ministero dell’Interno e al Prefetto di Messina “di prendere visione e estrarre copia” di tutti gli atti e documenti subito dopo puntualmente indicati: orbene, se la sentenza avesse voluto limitare il (riconosciuto) diritto di accesso in favore dell’esponente alla sola modalità della “presa visione” (escludendo l’estrazione di copia) avrebbe dovuto espressamente precisarlo.
Del resto, l’art. 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, pur escludendo dal diritto di accesso i documenti coperti da classifica di segretezza o di vietata divulgazione (comma 1, lett. a)), prevede che debba essere comunque garantito l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici (comma 7) - cfr. Cons. Stato, sez. I, 1 luglio 2014, n. 2226 – e, come prima evidenziato, per diritto di accesso si intende ex art. 22, comma 1, lett. a), della legge 7 agosto 1990, n. 241 il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi.
Né, peraltro, appare conferente il richiamo – operato dalla difesa erariale nella memoria depositata in data 24 marzo 2020 – alla sentenza in epigrafe nella parte in cui questa evoca l’art. 42, comma 8, legge 3 agosto 2007, n. 124.
Ed invero, la sentenza T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, -OMISSIS-non ha disposto la consegna all'Autorità giudiziaria dei documenti “classificati” (per i quali non sia opposto il segreto di Stato), affinché fosse curata la conservazione con modalità volte a tutelarne la riservatezza, garantendo il diritto delle parti nel procedimento a prenderne visione senza estrarne copia, così come prevede la sopra richiamata previsione normativa.
6. In conclusione, il ricorso merita di essere accolto, dovendo l’Amministrazione resistente consentire al ricorrente l’estrazione di copia dei “documenti elencati” nella “parte motiva” della più volte citata sentenza T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, -OMISSIS-(cfr. il dispositivo della stessa sentenza).
Va inoltre evidenziato che avendo la più volte citata sentenza T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, -OMISSIS-(cfr., in particolare, il punto 3.1. in “Diritto”) riconosciuto in favore dell’esponente il diritto di accesso ai documenti necessari per la difesa in giudizio - essendo stata promossa un’azione per la incandidabilità del ricorrente e gli atti in questione sono stati richiesti al fine di garantire allo stesso la possibilità di provare la sua estraneità -OMISSIS-e di esercitare effettivamente il proprio diritto di difesa - l’Amministrazione procederà all’oscuramento di quelle parti dei documenti irrelate rispetto alle esigenze di cura e di difesa degli interessi giuridici del ricorrente.
Del resto, tale limitazione è presente nel corpo della sentenza (cfr. il punto 3.4. in “Diritto”), laddove viene affermato che “la divulgazione di elementi che possono pregiudicare l’esito di un’inchiesta in corso esula dal diritto di ostensione, restando quest’ultimo recessivo rispetto alla tutela di riservatezza delle indagini”.
Conseguentemente deve essere ordinato all’Amministrazione resistente di dare completa ed esatta esecuzione alla sentenza in epigrafe entro trenta (30) giorni dalla comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla notifica a cura di parte della presente sentenza, nei termini sopra indicati.
Per il caso di persistente inottemperanza, alla scadenza del termine di trenta (30) giorni ora visto, il Collegio provvede, ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. d), cod. proc. amm., alla nomina di un commissario ad acta, individuandolo nel Prefetto della Provincia di Reggio Calabria, con facoltà di delega ad un dirigente della medesima Prefettura.
Il commissario ad acta provvederà in via sostitutiva entro il termine di quindici (15) giorni decorrente dalla scadenza del termine assegnato all’Amministrazione.
7. La complessità delle questioni esaminate giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto:
- ordina all’Amministrazione resistente di dare completa ed esatta esecuzione alla sentenza in epigrafe entro giorni trenta (30) dalla comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla notifica a cura di parte della presente sentenza, nei termini e nei limiti indicati in motivazione;
- per il caso di persistente inottemperanza, nomina commissario ad acta il Prefetto della Provincia di Reggio Calabria, con facoltà di delega ad un dirigente della medesima Prefettura, che provvederà in via sostituiva entro il termine di giorni quindici (15) decorrente dalla scadenza del termine assegnato all’Amministrazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, e del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti e della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente e tutte le persone menzionate.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2020, tramite collegamento simultaneo da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 84, comma 6, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, con l'intervento dei magistrati:
Pancrazio Maria Savasta, Presidente
Giuseppe La Greca, Consigliere
Giovanni Giuseppe Antonio Dato, Referendario, Estensore
Dott. Giancarlo Favero
Direttore
--------------------------------------
Capital Security Srls
Via Montenapoleone, 8
20121 Milano
Tel. 02-94750.267
Cell. 335-5950674
giancarlo.favero@capitalsecurity.it

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