Anche l’ufficiale della polizia locale è licenziabile se non timbra il cartellino

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Anche l’ufficiale della polizia locale è licenziabile se non timbra il cartellino

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Corte di Cassazione Sezione lavoro 11/1/2023 n. 569

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 20 novembre 2017 presso il Tribunale di Napoli (omissis) (omissis), dipendente del Comune di (omissis) con la qualifica di Ufficiale Area di Vigilanza, categoria D, posizione economica D4, CCNL dipendenti Enti locali del 31 marzo 1999, ha convenuto il suo datore di lavoro perché fosse annullato il licenziamento intimatogli il 28 agosto 2017, sostenendo l'insussistenza del fatto contestato, con richiesta di reintegrazione nel posto di lavoro e di risarcimento del danno.
Il Tribunale di Napoli, nel contraddittorio delle parti, con ordinanza n. 17985/2018, e, poi, con sentenza n. 3820/2019, ha rigettato la domanda.
(omissis) (omissis) ha proposto reclamo che la Corte d'appello di Napoli, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 4595/2012, ha rigettato.
(omissis) (omissis) ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo.
La Città di (omissis) si è difesa con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con un unico motivo (omissis) (omissis) lamenta la violazione o falsa applicazione dell'art. 55 quater, comma 1, lett. a), e comma 1 bis del d.lgs. n. 165 del 2001 in quanto la corte territoriale non aveva tenuto conto che le attività da svolgere all'esterno dell'Ufficio del Comando di P.M. di (omissis) non richiedevano una specifica timbratura in entrata ed uscita ove svolte durante l'orario di lavoro ordinario e straordinario, essendo sufficiente che il badge fosse timbrato all'inizio ed alla fine di detto orario, come, in effetti, era sempre avvenuto.
In particolare, il ricorrente contesta che in nessuno dei filmati e dei fermo immagine visionati risultassero suoi comportamenti idonei a configurare la falsa attestazione della presenza in servizio. Egli rappresenta, altresì, che il servizio straordinario da lui svolto sarebbe stato autorizzato preventivamente e che non rilevasse la circostanza che la sua attività lavorativa esterna non fosse stata documentata.
La doglianza è infondata.
Infatti, in tema di licenziamento disciplinare, rientra tra le ipotesi di assenza ingiustificata di cui all'art. 55 quater del d.lgs. n. 165 del 2001, non solo il caso dell'alterazione del sistema di rilevamento delle presenze, ma anche l'allontanamento del lavoratore nel periodo intermedio tra le timbrature di entrata ed uscita, trattandosi di un comportamento fraudolento diretto a fare emergere falsamente la presenza in ufficio (per fattispecie similari, anche se non identiche, Cass., Sez. L, n. 25750 del 14 dicembre 2016; Cass., Sez. L, n. 17637 del 6 settembre 2016).
Sostiene il ricorrente che la mancata timbratura del badge in uscita ed entrata dopo l'inizio e prima della cessazione dell'orario di lavoro non assumerebbe rilievo ai fini disciplinari, in quanto detta timbratura non sarebbe prescritta nelle ipotesi di svolgimento di attività istituzionale all'esterno, come avvenuto nella specie. La contestazione è priva di pregio.
Il presupposto del licenziamento disciplinare è, in casi simili a quelli oggetto del contendere, l'oggettiva mancanza dell'attestazione di uscita e di rientro del dipendente, la quale sarebbe volta a nascondere, in maniera fraudolenta, l'allontanamento indebito del lavoratore nel periodo intermedio tra le timbrature di entrata ed uscita.
Proprio tale mancanza, una volta verificata, comporta che l'onere di provare la presenza in ufficio o la legittimità dell'allontanamento sia posto a carico del lavoratore.
Per evitare la sanzione in esame, quindi, sarebbe stato necessario che il ricorrente, non essendovi una documentazione scritta dell'attività istituzionale da lui svolta all'esterno, deducesse e dimostrasse in altro modo di avere abbandonato il luogo di lavoro per ragioni di servizio.
Peraltro, né dalla decisione impugnata né dal ricorso risulta che tali ragioni siano state specificamente indicate e provate da (omissis) (omissis) nei precedenti gradi di merito.
Per ciò che concerne le risultanze dei filmati e dei fermo immagine visionati, le risultanze della relativa valutazione non possono essere oggetto di esame in sede di legittimità, venendo in questione attività riservata al solo giudice di merito.
Infine, in ordine al servizio straordinario svolto dal ricorrente la corte territoriale ha accertato che era stato autorizzato posteriormente e, soprattutto, che (omissis) (omissis) "non ha voluto o potuto indicare la natura dell'attività lavorativa poste in essere in relazione all'interesse pubblico perseguito dal Comando di Polizia Municipale".
2) Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza ex art.
91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo. Sussistono le condizioni richieste dall'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, per affermare l'obbligo del ricorrente di corrispondere un importo pari a quello del contributo unificato versato, se dovuto.

P.Q.M.
La Corte,
•rigetta il ricorso;
•condanna il ricorrente a rifondere a parte controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 5.000,00 per compenso ed € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%;
•dichiara che sussistono le condizioni richieste dall'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, per affermare l'obbligo del ricorrente di corrispondere un importo pari a quello del contributo unificato versato, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione
Dott. Giancarlo Favero
Direttore
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