Danno erariale al segretario comunale che non riscontra l'accesso agli atti del consigliere

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Giancarlo Favero
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Danno erariale al segretario comunale che non riscontra l'accesso agli atti del consigliere

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Il segretario comunale compulsato da alcuni consiglieri comunali ad avere accesso agli atti non può sostenere ex post che la competenza non sia a lui ascrivibile, essendo i documenti e il riscontro riferibili ai dirigenti responsabili del procedimento, spettando a lui assicurare e vigilare affinché gli atti siano inoltrati nei tempi e nelle modalità prescritte. L’inerzia all’evasione della richiesta ha, infatti, generato un contenzioso le cui spese di soccombenza non possono che essere a lui ascrivibili. Con queste motivazioni la Corte dei conti per la Campania (sentenza n. 135/2023) ha condannato per danno erariale l’importo inutilmente pagato dall’Ente locale per le spese legali corrisposte a seguito della soccombenza nel giudizio amministrativo attivato dal consigliere, mentre non ha ritenuto addebitabili le spese per la difesa in giudizio essendo stata la decisione rimessa ad altro organo (la giunta comunale).

Il fatto
Alcuni consiglieri comunali hanno chiesto l’accesso ad alcuni atti dell’Ente inviando specifica nota al segretario comunale ex art. 43 TUEL con indicazioni del protocollo richiesto. In risposta il segretario chiedeva una integrazione con riferimento all’oggetto. Dopo oltre un mese dalla richiesta il segretario dichiarava la propria incompetenza all’evasione della richiesta che rimaneva, per l’effetto, inevasa. La questione si risolveva con ricorso davanti al Tribunale amministrativo che, dando ragione ai consiglieri richiedenti, hanno condannato alle spese di giudizio l’Ente locale. La Procura contabile, pertanto, ha convenuto in giudizio il Segretario addebitandogli una condotta gravemente colposa il quale, contravvenendo ai propri obblighi di servizio, aveva omesso di soddisfare una rituale istanza di accesso agli atti provocando la condanna giudiziale del Comune, nonché per le inutili spese sostenute per la difesa in giudizio dell’Ente locale.

La difesa del segretario
A propria difesa ai fini della responsabilità erariale, il segretario comunale, ha dedotto la propria incompetenza al soddisfacimento della formulata istanza, sottolineando come i consiglieri richiedenti l’accesso avrebbero dovuto rivolgere la relativa istanza direttamente agli uffici in possesso della documentazione richiesta. Sottolineava, infine, l’intervenuta interruzione del nesso causale a seguito dell’autonoma scelta dell’Ente, assunta a mezzo delibera di giunta, di resistere al giudizio innanzi al TAR con esposizione al rischio, poi concretizzatosi, di condanna alle spese, al contrario evitabile con la contumacia. In ogni caso, a dire del segretario, non si sarebbe in presenza di una richiesta non evasa o respinta, bensì domandato chiarimenti prima di declinare la propria legittimazione a provvedere, senza che ciò potesse radicare alcun legittimo affidamento in favore degli istanti i quali, per contro, avrebbero dovuto ritualmente trasmettere l’istanza al responsabile del servizio.

La conferma del danno erariale
Il Collegio contabile ha rilevato l’antigiuridicità della condotta del segretario, in ragione della sua piena legittimazione vertice giuridico - amministrativo dell’Ente, tenuto a garantirne la legittimità dell’azione amministrativa in base a consolidata giurisprudenza anche di questa Corte formatasi sull’art. 97 del TUEL. Nel caso di specie il convenuto è stato investito da una richiesta d’accesso nell’esercizio delle sue funzioni ed in un piccolo ente locale da parte di alcuni consiglieri comunali sicché era obbligato ad evaderla nella sussistenza dei presupposti di legge che, nel caso di specie, non è contestata. Egli avrebbe dovuto al più smistare l’istanza agli uffici in possesso della documentazione seguendone poi il relativo iter ma nulla di tutto ciò risulta avvenuto. D’altra parte la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di evidenziare che “la ripartizione interna delle competenze tra i diversi uffici è normativamente indifferente per il soggetto che entra in contatto o in relazione con l’Amministrazione, intesa quale Ente ed apparato; di talché, anche al fine di non “aggravare il procedimento” e perseguire i principi di trasparenza, economicità, efficacia ed imparzialità dell’agere dei pubblici poteri (art. 1 l. 241/90), costituisce munus ineludibilmente gravante in capo all’ufficio compulsato – massimamente, poi, se si tratti della figura del segretario comunale - quello di trasmettere gli atti all’organo o all’ufficio competente alla trattazione ed alla adozione del provvedimento finale” (TAR Campania, Sez. VI, sent. n. 3000/2020).
In merito al pregiudizio patito dall’Ente locale, tuttavia, il Collegio contabile, mentre ha accettato il danno erariale dovuto alla soccombenza, altrettanto non è possibile estenderlo anche alle spese di giudizio relative alla difesa dell’ente. Infatti, la prima posta di danno, relativa alle spese di soccombenza patite dall’Ente locale, non vi sono dubbi sul nesso eziologico ricavabile dalla circostanza che laddove il segretario comunale avesse correttamente dato seguito all’istanza di accesso ritualmente formulata, non vi sarebbe stato alcun giudizio innanzi al TAR, né condanna, a carico del Comune, alla rifusione delle spese di lite. Altrettando non è possibile dire per le spese sostenute per la difesa in giudizio dell’Ente dovendosi queste spese ricondurre in via esclusiva, alla decisione del Comune, assunta previa deliberazione di giunta, di resistere in giudizio, a mezzo del proprio legale e di sostenerne, in via definitiva, il costo d’onorario in ipotesi di soccombenza.
In definitiva, non potrà che essere confermata la prima posta del danno erariale, discendente da un pagamento avuto dall’Ente per le spese di soccombenza.

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