Le prospettive dello smart working negli Enti locali: non arrestiamo quel rinnovamento che si è avviato

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Giancarlo Favero
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Le prospettive dello smart working negli Enti locali: non arrestiamo quel rinnovamento che si è avviato

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Le prospettive dello smart working negli Enti locali: non arrestiamo quel rinnovamento che si è avviato
P. Morigi

Fonte: Maggioli

Con il diffondersi della pandemia legata al Coronavirus il Governo è intervenuto ripetutamente sul tema dello smart working (o lavoro agile), cercando di promuoverlo per contrastare spostamenti ed assembramenti e contribuendo così, in una situazione di emergenza, alla progressiva diffusione dell’attività lavorativa da remoto.
Numerose sono state le regolamentazioni emanate, da febbraio del 2020, che in più occasioni hanno affrontato l’argomento, richiamando la normativa vigente, ma anche la possibilità di adottare lo smart working pur in assenza degli accordi individuali previsti. Addirittura un D.P.C.M. dell’11 marzo 2020 prevedeva che nelle PA si assicurasse “lo svolgimento in via ordinaria delle prestazioni lavorative in forma agile del proprio personale dipendente, anche in deroga agli accordi individuali”.
Successivamente si è arrivati, con l’art. 263 del d.l. 19 maggio 2020, n. 34, alla impostazione del P.O.L.A. – il Piano organizzativo del lavoro agile – un documento da allegare al Piano della performance che spiega come il lavoro agile debba inserirsi a pieno titolo fra le prestazioni lavorative ordinarie, non certo limitarsi al perdurare della pandemia. Nel P.O.L.A. si effettuano una serie di ricognizioni, propedeutiche all’introduzione del lavoro agile, e si adottano conseguentemente le misure organizzative necessarie per favorirne l’utilizzo, in linea con quelli che sono gli obiettivi dell’amministrazione.
Qual è il bilancio che si può trarre da questa prima esperienza? È andato tutto bene negli Enti locali che hanno introdotto e sperimentato lo smart working?
Certamente non dobbiamo nasconderci le problematiche sperimentate da coloro che hanno utilizzato il lavoro agile. Gli enti che in passato lo avevano applicato o che avevano investito di più sui processi di informatizzazione e di riorganizzazione dei servizi probabilmente hanno incontrato minori difficoltà perché più abituati ad operare in maniera standardizzata, con obiettivi assegnati, misurabili, valutabili e quindi soggetti a monitoraggio continuo. Gli enti che invece non erano abituati ad operare in questo modo sicuramente hanno riscontrato maggiori difficoltà iniziali. Ciò non toglie che abbiano acquisito nuove esperienze e compreso anche i vantaggi che possono trarsi con il lavorare da remoto e con obiettivi predefiniti.
Un bilancio della situazione va effettuato però pensando anche al personale: alcuni dipendenti hanno manifestato problemi di connessione, scarsi contatti con i colleghi e con la dirigenza anche quando si manifestavano situazioni di necessità, sovraccarichi di lavoro continui, necessità di disconnessione. Altri invece probabilmente hanno approfittato dei minori controlli posti in essere e non hanno assicurato il disbrigo di quell’attività costante che invece in ufficio veniva svolta regolarmente. La dirigenza poi non sempre ha gestito il rapporto in maniera ottimale: bisogna imparare anche ad essere dei buoni smart manager.
Ora però non dobbiamo sottacere che molti Enti locali, al pari di altre pubbliche amministrazioni, pur nel contesto al quale si faceva riferimento, hanno investito sul lavoro agile, innovando una serie di processi, cercando di migliorare l’organizzazione, investendo sulle linee di telecomunicazione e relativi sistemi di sicurezza, cercando di integrare maggiormente i processi. Anche perché, non dimentichiamo che a breve dovrà essere predisposto un nuovo documento, il Piano integrato di attività e organizzazione(1), che andrà a sostituire il Piano della performance, e che prevede una stretta integrazione con gli obiettivi programmatici e strategici definiti nel bilancio di previsione, ma anche con i piani relativi alla gestione delle risorse umane, allo sviluppo organizzativo, alle procedure da semplificare e reingegnerizzare, alle forme di accessibilità per le categorie più anziane o con forme di disabilità, ecc.
Nel contesto che abbiamo richiamato un ritorno generalizzato al lavoro in presenza per tutti, con piccole percentuali di dipendenti destinati al lavoro agile, ci pare non in linea con i processi di riforma che ci vengono richiesti e che ci vedono coinvolti attraverso il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). E del resto nelle imprese più avanzate e negli studi professionali associati, anche all’estero, da tempo si impiegano forme di lavoro ibrido, con una sapiente combinazione di attività in presenza e attività da remoto, che ovviamente presuppongono ottimi livelli di integrazione.
È vero che un ritorno dei dipendenti pubblici al lavoro in presenza aiuterebbe la ripresa di una serie di servizi – si pensi alla ristorazione, all’abbigliamento, ai trasporti – ma non si può certo pensare che i funzionari pubblici possano servire solamente a questo: sarebbe estremamente mortificante. Crediamo che l’Unione europea, avendo investito risorse sul PNRR, una parte consistente delle quali destinate al nostro Paese, si aspetti riforme importanti che vadano nella direzione della transizione ecologica e della transizione digitale. Non possiamo perdere questa occasione, ma anzi dobbiamo cercare di sfruttarla per ammodernare le nostre strutture, pubbliche e private(2).
Gli Enti locali dal canto loro dovranno comprendere bene le azioni che stanno alla base del PNRR, capirne il senso ed adoperarsi per fare in modo che si possano offrire servizi di buon livello ai propri cittadini, lavorando per obiettivi, monitorando i risultati raggiunti, intervenendo se le performance non sono ottimali.
Probabilmente non esiste una percentuale che si possa definire “a tavolino” di lavoro in presenza e lavoro da remoto: dipenderà dalla maturità organizzativa di ciascun ente, proprio perché si tratta di una sorta di “abito su misura” che va costruito ad hoc sulla base delle concrete esigenze del singolo ente.

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NOTE

(1) Art. 6 del d.l. 9.6.2021, n. 80, conv. con modif. nella l. 6.8.2021, n. 113.
(2) Molti sono stati i commenti in linea con questa posizione. Fra i diversi segnaliamo quelli di M. Bentivogli, M. Corso, Smart working, no al ritiro, “Repubblica”, 6.9.2021; P. Monea, Dalla frenata al lavoro agile un colpo all’innovazione, “Il Sole 24 ore”, 6.9.2021.

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