Accesso civico generalizzato - Richiesta manifestamente onerosa o sproporzionata

Rispondi
Giancarlo Favero
Messaggi: 226
Iscritto il: dom gen 24, 2021 6:45 am

Accesso civico generalizzato - Richiesta manifestamente onerosa o sproporzionata

Messaggio da Giancarlo Favero »

Accesso civico generalizzato – Richiesta manifestamente onerosa o sproporzionata – Diniego – Legittimità.

Il perimetro dell’accesso, anche dell’accesso civico generalizzato, resta delimitato dalla disponibilità delle informazioni richieste, dovendosi escludere ogni qualvolta l’Amministrazione debba impegnarsi in attività eccessivamente onerose e paralizzanti dell’ordinaria attività amministrativa, contrarie al principio di buon andamento ed economicità dell’azione amministrativa, per la raccolta di informazioni di cui non dispone direttamente e immediatamente e che, in ogni caso, sono già pubbliche.
E’ possibile, pertanto, respingere richieste manifestamente onerose o sproporzionate, ovvero tali da comportare un carico irragionevole di lavoro senza nulla aggiungere alle finalità di trasparenza e al diritto all’informazione dei cittadini che rappresentano la ratio dell’art. 5, comma 2, D.lgs. n. 33/2016 (Consiglio di Stato sez. V, 04/01/2021, n.60).

Pubblicato il 06/09/2021
N. 06220/2021REG.PROV.COLL.
N. 06141/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6141 del 2020, proposto da V. A., rappresentato e difeso dall'Avvocato Salvatore Fachile, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la Funzione Pubblica, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti
Ministero per la Pubblica Amministrazione non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 4381/2020, resa tra le parti, concernente l’annullamento del diniego all'accesso civico in sede di riesame avverso il silenzio del Ministero dell'Interno sull’istanza di accesso del 17 aprile e 30 maggio 2019, emesso dal Responsabile della prevenzione e della corruzione e della trasparenza del Ministero degli Interni il 2 luglio 2019, con particolare riguardo all’accesso al codice fiscale e alla partita IVA degli enti gestori dell’accoglienza ai migranti, e di ogni altro atto antecedente, presupposto, successivo o comunque connesso.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la Funzione Pubblica;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 luglio 2021 svoltasi in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25, comma 1, d.l. 28 ottobre 2020, n. 37, il Consigliere Paola Alba Aurora Puliatti e presenti gli Avvocati delle parti come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.- Con ricorso al TAR per il Lazio, sede di Roma, n.r.g. 9848 del 2020, il ricorrente n.q. di legale rappresentante della fondazione OMISSIS, che svolge attività di informazione e “datajournalism”, ha impugnato il provvedimento, comunicato il 2 luglio 2019, di diniego all’accesso civico generalizzato ad una serie di dati relativi ai centri di accoglienza per richiedenti asilo e titolari di protezione ai sensi dell’art. 9 e 11 del D.lgs n. 142/2015, adottato in sede di riesame avverso il silenzio serbato dal Ministero dell’Interno sull’istanza del 30 maggio 2019.
2.- La sentenza in epigrafe ha accolto in parte il ricorso e compensato le spese di giudizio riconoscendo le finalità di pubblico interesse in relazione alla maggior parte delle informazioni richieste, ad eccezione dei dati riferiti alla partita IVA e al codice fiscale degli Enti gestori dei centri di accoglienza.
3.- Con l’appello in esame, il ricorrente lamenta l’ingiustizia ed erroneità della sentenza nella parte in cui non ha ritenuto fondata la richiesta di accesso e ne chiede, pertanto, la riforma in parte qua.
4.- Con ordinanza n. 2898 dell’8 aprile 2021, il Collegio ha disposto di “acquisire chiarimenti in ordine alla quantità in termini numerici dei dati richiesti (partita IVA e codici fiscali relative ai centri di accoglienza) e alle difficoltà tecniche di reperimento degli stessi e rilascio delle relative informazioni alla Fondazione appellante.”.
5.- In data 21 maggio 2021, l’Amministrazione in adempimento all’ordine istruttorio ha depositato una relazione a firma del Direttore Centrale del Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione.
6.- Con memoria del 23 giugno 2021, il ricorrente ha controdedotto alla suddetta relazione.
7.- Alla camera di consiglio del 29 luglio 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.- L’appello non merita accoglimento.
2.- La sentenza impugnata ha riconosciuto il diritto di accesso alla quasi totalità dei dati richiesti dal ricorrente tramite la loro estrazione dalla banca dati SGA (denominazione, indirizzo, tipologia della struttura, denominazione dell’ente gestore, capienza della struttura, numero delle presenze al 31 marzo 2019 con specifica indicazione del numero di donne, uomini, minori accompagnati e non accompagnati e dei nuclei familiari, la disciplina seguita per l’affidamento della gestione del contratto in essere ed i costi maturati a carico dell’ente appaltante per la gestione di ogni singolo centro dal 1 gennaio al 31 marzo 2019 e al 30 settembre 2019) fatta eccezione per i codici fiscali e le partite IVA degli Enti gestori dei centri di accoglienza, perché non strumentali all’interesse generale tutelato dalla Fondazione, e dei nomi dei richiedenti asilo, per ragioni di privacy.
3.- L’appellante lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 5 bis D.lgs. n. 233/2013 e dell’art. 3 L. 241/1990, nonché la mancanza di motivazione.
L’appellante contesta il diniego di accesso alla richiesta di partita IVA e codice fiscale, affermando che si tratta di dati la cui conoscenza persegue il medesimo scopo di interesse generale degli altri dati per cui l’accesso è stato riconosciuto, in quanto egualmente indispensabili all’attività di ricerca, elaborazione e diffusione di informazioni; anzi, la mancanza di tali dati paralizzerebbe l’intera attività di ricerca.
Tra l’altro, questi dati sono stati pubblicati dal Ministero dell’Interno nella annuale relazione al Parlamento, per cui non ostano alla loro diffusione ragioni di riservatezza o tutela della concorrenza.
Tuttavia, insiste l’appellante sulla necessità di disporre di dati disaggregati per le finalità statutarie perseguite da OMISSIS.
Mentre, non è possibile ravvisare un concorrente interesse privato, come erroneamente sospettato dal primo giudice, e non potrebbe essere richiesto di dimostrare che la domanda di accesso persegua un fine pubblico ulteriore, non meglio precisato.
4.- A seguito dell’approfondimento istruttorio disposto, il Ministero ha relazionato in ordine alla grande quantità di codici fiscali e partite IVA degli Enti gestori e alla non disponibilità per il Ministero alle date del 31 marzo e 30 settembre 2019, ma piuttosto solo al 31 dicembre 2019 sulla base delle informazioni che forniscono le Prefetture ai fini della Relazione annuale al Parlamento.
Il sistema SGA è un applicativo informatico non concepito per contenere i dati oggetto dell’istanza di accesso; mentre la Relazione annuale al Parlamento è resa pubblica sul sito della Camera.
I dati relativi agli Enti gestori e ai singoli centri di accoglienza sarebbero oltremodo eccessivi da reperire presso le 106 Prefetture (perché riferibili a circa 1326 Enti gestori operanti sul territorio nazionale); peraltro, l’Ufficio competente dispone di una sola risorsa umana.
Il Ministero afferma che la richiesta dell’appellante potrebbe richiedere lo svolgimento di attività non inferiore a 40 giorni per l’Ufficio, con notevole aggravio di lavoro.
Si tratta, peraltro, di dati ricavabili dalla Relazione annuale al Parlamento e disaggregabili perché contenuti nei file già rilasciati in ottemperanza alla sentenza appellata.
Inoltre, il Ministero fa rilevare che codici fiscali e partite IVA non potrebbero che riguardare solo gli Enti gestori e non i singoli centri di accoglienza che, essendo solo strutture fisiche immobiliari, non hanno autonomia e personalità giuridica e, dunque, non dispongono di codice fiscale o partita IVA.
5.- Il Collegio chiarisce che l’accesso negato riguarda codici fiscali e partite IVA degli Enti gestori dei centri di accoglienza ed a questi soltanto si riferisce l’appellante.
Il Collegio ritiene, alla luce dei chiarimenti acquisiti, che, al di là dei profili astratti riguardanti la titolarità di un interesse pubblico all’accesso generalizzato anche a codici fiscali e partite IVA degli Enti gestori, concretamente non sia possibile l’accesso trattandosi di dati annuali, di cui l’Amministrazione ha conoscenza solo alla data del 31 dicembre 2019 (e non parziali, riferiti al mese di marzo o settembre) in quanto trasmessi dalle Prefetture in funzione della redazione della Relazione annuale al Parlamento sul sistema di accoglienza.
Questi dati, peraltro, sono già stati pubblicati sul sito della Camera nell’ambito della Relazione al Parlamento per il 2019.
L’acquisizione di ulteriori dati presso le Prefetture (fotografati ad altri momenti dell’anno) sarebbe, invece, eccessivamente onerosa per l’Amministrazione, al punto da paralizzarne l’attività ordinaria per lungo tempo, trattandosi di un numero considerevole.
5.1. - Il perimetro dell’accesso, anche dell’accesso civico generalizzato, resta delimitato dalla disponibilità delle informazioni richieste, dovendosi escludere ogni qualvolta l’Amministrazione debba impegnarsi in attività eccessivamente onerose e paralizzanti dell’ordinaria attività amministrativa, contrarie al principio di buon andamento ed economicità dell’azione amministrativa, per la raccolta di informazioni di cui non dispone direttamente e immediatamente e che, in ogni caso, sono già pubbliche.
E’ possibile, pertanto, respingere richieste manifestamente onerose o sproporzionate, ovvero tali da comportare un carico irragionevole di lavoro senza nulla aggiungere alle finalità di trasparenza e al diritto all’informazione dei cittadini che rappresentano la ratio dell’art. 5, comma 2, D.lgs. n. 33/2016 (Consiglio di Stato sez. V, 04/01/2021, n.60).
5.2.- La Fondazione OMISSIS potrà, difatti, per le proprie finalità statutarie utilizzare i dati relativi agli Enti gestori forniti dal Ministero in ottemperanza alla sentenza del TAR Lazio impugnata, incrociati con i dati riportati nella Relazione annuale al Parlamento per il 2019, comprensivi di codici fiscali e partite IVA degli Enti gestori.
6.- L’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.
7.- Le spese di giudizio si compensano tra le parti in considerazione delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 luglio 2021 con l'intervento dei magistrati:
Franco Frattini, Presidente
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere, Estensore
Stefania Santoleri, Consigliere
Giulia Ferrari, Consigliere
Umberto Maiello, Consigliere

Rispondi